DA ARCHIVIO DELLO SPAZIO
“L’insistenza dello sguardo di cinquantotto selezionatissimi fotografi ci consegna l’idea di un paesaggio inquietante, caoticamente antropizzato, costruita con
meticolosa determinazione lungo un decennio di profonde modificazioni. Una collezione da studiare, immagine per immagine, da parte di tutti coloro che cercheranno di decifrare i segni (e i
significati) di questo nostro tempo”.
Achille Sacconi, 1997
Queste parole di Achille Sacconi, coordinatore del progetto Beni Architettonici e Ambientali della Provincia di Milano in seno al quale è nato il progetto Archivio
dello spazio, sono molto importanti per una riflessione sui significati di questo grande lavoro di analisi fotografica del paesaggio contemporaneo durato dieci anni, dal 1987 al
1997.
Per durata, metodicità, numero degli operatori coinvolti, continuità della committenza pubblica, il progetto può essere considerato lo sbocco di molte delle tensioni
culturali che hanno attraversato la fotografia italiana negli anni Settanta e Ottanta e che hanno puntato a collegare l’esigenza di un rinnovamento dei linguaggi alla necessità di un definitivo
riconoscimento della fotografia da parte dell’istituzione pubblica.
Proprio dall’Archivio dello spazio è nato il progetto di questo Museo.
L’idea che ha guidato inizialmente l’Archivio dello spazio era che la rilevazione dei beni architettonici e ambientali fosse accompagnata da campagne fotografiche
che non solo innalzassero il livello di qualità del documento fotografico, ma ponessero in primo piano l’autorialità del fotografo come intellettuale che sa confrontarsi con la complessità del
paesaggio contemporaneo. Negli anni Ottanta, quando il progetto fu avviato, nel dibattito sulla possibilità di una rappresentazione del paesaggio antropizzato attraverso la fotografia erano
ancora molti forti i temi della memoria e della ricerca dell’identità dei luoghi, ed ancora viva la discussione sul rapporto fra “documento” e “interpretazione”. Ma nel corso dello svolgimento
del lavoro, la scena cambiò totalmente, sia quella del paesaggio che quella della fotografia: accadde così che in seno all’Archivio dello spazio si riversassero tutte le questioni legate al
crollo dell’identità dei luoghi connessa all’accelerazione del processo di mutazione post-industriale del paesaggio, e insieme tutte quelle legate all’evoluzione del concetto stesso di
fotografia: sostanzialmente lo spostamento da una resistente idea di “documento” a un’idea di progetto di natura artistica.
I 58 fotografi incaricati, siano essi i “maestri” della scuola di paesaggio italiana o gli autori delle generazioni successive, appartengono a una cultura
fondamentalmente omogenea che ha a lungo coltivato la funzione culturale e civile della fotografia e poi, in crescendo, la sua posizione fra le arti contemporanee, più che un suo diretto utilizzo
professionale. Il grande gruppo, nella sua interna coerenza e nelle sue differenze, rispecchia i cambiamenti nel modo di essere della fotografia italiana più impegnata sul fronte culturale da
vent’anni a questa parte.
Andrea Abati, Giampietro Agostini, Ugo Ambroggio, Luca Andreoni, (anche con Antonio Fortugno), Simone Bacci, Marco Baldassari, Marina Ballo Charmet, Olivo Barbieri,
Ermanno Barchiesi, Gabriele Basilico, Enzo e Raffaello Bassotto, Giannantonio Battistella, Gianni Berengo Gardin, Bruna Biamino, Roberto Bossaglia, Maurizio Bottini, Federico Brunetti, Luca
Campigotto, Adriano Carafoli, Vincenzo Castella, Giovanni Chiaramonte, Cesare Colombo, Mario Cresci, Daniele De Lonti, Paola De Pietri, Piero Delucca, Roberto Favini, Vittore Fossati, Luigi
Gariglio, Carlo Garzia, Moreno Gentili, Luigi Ghirri, Gruppo GEOph, Gruppo La Grana Grossa (Antonio Lavacca, Emilio Deodato, Giuseppe Cafagna, Orlando Rebelleto), Gruppo Scema La Luce, Guido
Guidi, Mimmo Jodice, Nicola Lorusso, Gianni Maffi, Martino Marangoni, Pepi Merisio, Toni Nicolini, Walter Niedermayr, Bruna Orlandi, Massimo Pacifico, Paola Pagliuca, Ippolita Paolucci, Luca
Pedroli, Mara Piccinini, Piero Pozzi, Francesco Radino, Paolo Rosselli, Marco Scarpa, Pio Tarantini, George Tatge, Fulvio Ventura (anche con Massimo Vitali), Riccardo Vlahov, Cuchi
White.
Il Fondo Archivio dello Spazio comprende circa 7600 fotografie.
La foto di gruppo è stata scattata dal fotografo Gianni Berengo Gardin